Alimentatori stabilizzati
La maggior parte dei dispositivi e dei circuiti elettronici richiede
per funzionare una alimentazione in continua singola o duale (come nel
caso degli amplificatori operazionali ±12V). Le tensioni richieste
sono normalmente comprese tra qualche volt e qualche decina di volt,
con valori di corrente che possono variare da qualche mA fino a decine
di ampere.
Nel caso degli alimentatori
semplici, ci siamo soffermati sul problema del raddrizzamento della
tensione di rete, notando come la tensione di uscita fosse, in ogni
caso, soggetta ad un residuo di ondulazione di rete, denominata tensione
di ripple ( ronzio ).
Un alimentatore stabilizzato è in
grado di rimuovere questo disturbo assieme all'assolvimento di altri
compiti.
La stabilizzazione definisce la capacità di un alimentatore elettrico
di garantire il mantenimento del valore della tensione d'uscita al variare
delle condizioni di carico o dell'alimentazione.
Un circuito capace di rispettare questa condizione è chiamato stabilizzatore e costituisce un controllo a reazione negativa (catena chiusa) che in effetti, è capace di garantire una riduzione dei disturbi di carico o di linea sul valore nominale della tensione di uscita.
Un circuito di controllo in catena chiusa prevede fondamentalmente tre funzioni:
1)prelievo del valore istantaneo della grandezza d'uscita
2)confronto del valore precedente con il riferimento (valore nominale
desiderato).
3) modifica del comportamento del circuito di controllo, al fine di
rendere minima la differenza tra il valore desiderato e quello effettivo
di uscita.
Nello stabilizzatore devono essere comprese le tre funzioni precedenti; i metodi per realizzare questo scopo sono numerosi assieme al rispetto, in modo più o meno rigoroso della definizione precedente. Uno schema abbastanza completo è il seguente
Un amplificatore di errore confronta una parte della tensione di uscita
Vf=R2Vo/(R1+R2),
con una tensione di riferimento VZ precisa e stabile.
L'uscita Ve dell amplificatore comanda un elemento di controllo,
normalmente un BJT posta in serie al carico Ro che varia
la tensione dei suoi capi in modo da contrastare eventuali variazioni
di Vo.
Se per esempio Vo accenna ad aumentare per effetto di un
aumento di Vi l'amplificatore di errore risponde facendo
diminuire Ve e portando così in minore conduzione il transistor.
La tensione VCE ai capi di quest'ultimo aumenta assorbendo
la maggior parte dell'aumento di Vi e limitando così fortemente
l'aumento di Vo.
Un discorso analogo puo essere fatto se la causa dell'instabilità di
Vo è una variazione del carico.
Si vede chiaramente che il regolatore è un sistema controreazionato,
in cui l'anello di reazione è costituito dall'amplificatore di errore
che agisce sull'elemento di controllo.
L'effetto stabilizzante su Vo è tanto migliore quanto più
la tensione di riferimento è stabile e quanto maggiore è il guadagno
dell'anello.
Questa configurazione, tra quelle a componenti discreti, è probabilmente quella più usata; è possibile comunque realizzare un alimentatore stabilizzato con soluzioni circuitali anche meno impegnative. Un alimentatore stabilizzato, è quindi un alimentatore semplice, asservito da uno stabilizzatore.
Regolatori di tensione
I regolatori di tensione sono una soluzione intermedia tra gli alimentatori
non stabilizzati e quelli stabilizzati, in genere, caratterizzati dall'utilizzo
di diodi regolatori in derivazione .
Questi componenti sono generatori di tensione di riferimento,mediante
i quali è possibile garantire una differenza di potenziale ai capi di
un carico, che si mantiene stabile entro limiti abbastanza ampi di variazione
del carico stesso e dell'alimentazione.
Un regolatore di tensione, è un quadripolo che riceve una tensione di ingresso di valore variabile in un dato intervallo (Vi=Vimin÷Vimax) e produce una tensione di uscita di valore predefinito accurato e stabile indipendentemente dall'intensità di corrente assorbita dal carico (Io= Iomin ÷ Iomax).
In virtù di queste caratteristiche, il regolatore di tensione può essere
posto in parallelo ad un carico, garantendo il mantenimento di una tensione
prefissata anche per ampie escursioni della corrente assorbita dal carico.
I generatori di tensione di riferimento si usano nei casi in cui il
mantenimento del valore della tensione applicata all' utilizzatore è
molto importante, ad es.
1) trasduttori
2) ponti di misura
3) nella tensione di riferimento degli amplificatori operazionali
4) convertitori DAC
Il componente principale del regolatore di tensione, è il generatore
di tensione di riferimento, che è costituito da un dispositivo a a due
o tre morsetti (un eventuale terzo per piccoli aggiustamenti di tensione
attorno al valore nominale) .
La tensione per il carico viene prelevata ai capi di tale dispositivo,
mentre l'altro capo va alla tensione Vi attraverso una resistenza
R che realizza la necessaria caduta di tensione tra Vi e
Vo; bisogna infatti ricordare che per un corretto funzionamento
del regolatore deve sempre risultare Vo<Vimin.
Il più semplice generatore di tensione di riferimento è il diodo zener
.
Regolatore con diodo zener
Il diodo zener, ha come caratteristica principale quella di poter funzionare in polarizzazione inversa, oltre il ginocchio della curva caratteristica.
La tensione tra anodo e cadoto rimane dunque ad un valore pressochè costante pari a -Vz tensione di zener (o di breakdown) purchè la corrente inversa sia superiore ad un valore minimo IZT specificato dal costruttore.
Il valore della tensione di zener è determinato dai livelli di drogaggio del diodo e può variare da pochi volt fino a qualche centinaio di volt.
Ad esempio per i diodi della famiglia BZY88C si possono trovare tensioni di zener VZ=3,3÷30V con la minima corrente inversa IZT che garantisce la VZ dichiarata variabile tra 5÷15mA.
Il funzionamento è rappresentato nel disegno
• lo zener garantisce sul carico una tensione Vo costante
pari a VZ purchè la corrente IZ venga mantenuta
superiore a IZT.
• le variazioni della resistenza di carico RL producono
variazioni di Io.
•La corrente IR vale
e quindi IR è sensibile alle variazioni di Vi ma non a quelle di Io che vengono totalmente assorbite dallo zener.
L'equilibrio delle correnti all'unico nodo è Iz=IR-Io
evidenzia che su IZ si ripercuotono sia le variazioni di
IR che quelle di Io.
Lo zener in polarizzazione inversa mantiene comunque ai suoi capi la
tensione VZ per qualsiasi valore di corrente superiore a
IZT per questo motivo è importante che IZ non
scenda mai sotto il valore di IZT.
In queste condizioni il regolatore , per certi intervalli di variabilità
della tensione di ingresso e della corrente di carico, mantiene invariata
la tensione di uscita al valore di VZ.
Il limite di questo regolatore è, dunque, la massima escursione ammessa
per la corrente di uscita Io che risulta piuttosto ridotta.
Ad es. con riferimento all'esercizio
1 dove la Vi ha un campo di variabilità 11÷13V,
la Io varia da 0÷30mA, dopo aver adottato una R=25Ω
la distribuzione delle correnti sarà la seguente:
Vi : 12 V
Io : 15 mA
Regolatore con elemento serie a BJT
I limiti del regolatore precedente vengono superati dalla seguente soluzione circuitale
Viene effettuata una separazione tra la corrente IZ del diodo zener e quella del carico Io mediante l'inserimento di un transistor in serie al carico. In questo modo il diodo zener è interessato solo dalle escursioni molto piccole della corrente di base IB del BJT e non dalle variazioni della corrente di uscita. La sua tensione rimane più stabile e così pure la tensione di uscita dal regolatore che vale
Con questo regolatore si possono controllare correnti Io fino all'ampere, specie se si sostituisce il BJT con una coppia di Darlington. La resistenza R viene dimensionata in modo da consentire il passaggio della corrente I=IB+IZ, cioè
Regolatore serie con amplificatore di errore
Inseriamo all'interno del circuito precedente un secondo transistor T2 che funziona come amplificatore di errore.
Una porzione Vf=BVo della tensione di uscita viene in questo modo confrontata con la tensione di riferimento VZ. Si nota che
coincide con la funzione di trasferimento del blocco B per lo schema del sistema reazionato disegnato all'inizio.
La differenza tra le due tensioni agisce sul transistor T1 che funziona
come elemento di controllo in modo da stabilizzare la Vo.
Ipotizziamo una improvvisa diminuzione della tensione sul carico Vo.
Diminuisce allora la tensione sul partitore BVo e quindi
la tensione sulla base di T2. Dato che che la tensione sull'emettitore
di T2 rimane fissa al valore VZ diminuisce allora la tensione
VBE di T2 e con essa in modo sostanzioso la corrente di collettore
IC2.
La tensione sulla R e quindi la I rimane praticamente costante, la diminuzione
di IC2 deve provocare un aumento di IB1 e quindi
un aumento ancora maggiore di IC1≅Io con
conseguente diminuzione di VCE1 che contrasta l'iniziale diminuzione
di Vo.
Il potenziometro inserito nel partitore di uscita, consentendo di variare
R1 ed R2 e quindi il loro rapporto B, trasforma
il circuito in un regolatore ad uscita variabile. Infatti, siccome BVo=VZ+VBE2
si ha
Al posto del transistor T2 si può usare un amplificatore operazionale.
Dato che l'operazionale opera in zona lineare le tensioni ai sui morsetti di ingresso sono sostanzialmente identiche VZ=V+=V-=BVo da cui si ricava il valore della tensione di uscita
Regolazione alle variazioni del carico (load regulation)
Le variazioni del carico Ro modificano la corrente assorbita
e quindi la tensione di uscita Vo.
La capacità dello stabilizzatore di limitare queste variazioni è data
dal fattore di stabilità alle variazioni del carico
E : tensione a vuoto (Ro=∞)
Vomin : tensione sul carico con Ro→0
Regolazione alle variazioni dell'alimentazione (line regulation)
La tensione sul carico può variare anche a causa di modifiche tella tensione di alimentazione derivanti ad esempio dall'instabilità della tensione di rete stessa. Per valutare queste fluttuazioni si considera il fattore di stabilità alle variazioni di alimentazione.
Vomax : tensione di uscita corrispondente al più alto dei
valori della tensione di ingresso Vimax.
Vomin : tensione di uscita corrispondente al più basso dei
valori della tensione di ingresso Vimin.
Vo : tensione di uscita nominale.