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Esperimento di Thompson        

Quando si parla di tubo a raggi catodici ci si riferisce, prima di tutto, al fenomeno elettrico della conduzione elettrica nel vuoto, cioè in tubi nei quali, mediante una pompa pneumatica viene fatto il vuoto.

Diciamo subito che, essendo impossibile realizzare il vuoto assoluto, ci si riferisce, in questo caso, a pressioni estremamente basse dell’ordine del millesimo di Torr ( 1 atm = 760 Torr ).

La conduzione elettrica nel vuoto, scoperta da Thomas Edison nel 1884 è costituita da fasci di elettroni in movimento nel vuoto, da un elettrodo, detto catodo, ad un altro elettrodo detto anodo. Perché ciò possa verificarsi, è necessario che dal catodo vengano emessi elettroni in grado di essere raccolti dall’anodo.

L'emissione di elettroni da parte del catodo, si può ottenere fornendo ai suoi atomi di superficie una energia sufficiente a compiere il lavoro di estrazione.
Questo fenomeno a cui venne attribuito il nome di raggi catodici, ha una importanza storica notevole, perché proprio studiando la natura dei raggi catodici il fisico inglese J.J. Thompson scoprì nel 1897 l'esistenza dell'elettrone.

Egli utilizzò un tubo speciale : il tubo di Braun nel quale l'anodo era provvisto di un piccolo foro (sullo schermo C) attraverso il quale poteva fluire un sottile fascio di raggi catodici.

Al di là dell'anodo, due placchette metalliche parallele collegate ad un generatore elettrico consentivano di osservare il comportamento dei raggi catodici nell'attraversamento del campo elettrico tra le due placche.
Thompson si accorse che le traiettorie deflettevano verso il polo positivo e, dopo numerose e delicate esperienze, poté stabilire che i raggi catodici costituiti da particelle elettriche, il cui rapporto e/m, tra la carica e la massa era indipendente dalla natura del gas residuo, presente nel tubo, e dalla forma e dalla natura degli elettrodi.

Nell'apparato di Thompson, oltre al campo elettrico (E) è stabilito collegando una batteria attraverso i terminali della piastra deflettrice, esiste un campo magnetico (B) impostato per mezzo di una corrente con un sistema di bobine perpendicolare al campo elettrico generato dalle placche.

L'elettrone in transito è, dunque, soggetto a due forze: la forza elettrica Fe=qE e la forza di Lorentz attribuibile al campo magnetico Fm=qvB essendo la carica un elettrone, quando le due forze sono uguali (in assenza di deflessione) si ha

velocità che può essere ottenuta solo quando il campo B è diverso da zero (ovviamente) e per valori opportuni (molto bassi) sia di B che di E, in assenza deflessione; questo per ottenere valori plausibili della velocità dell'elettrone che ovviamente non può superare la velocità della luce: c= 299.792.458 m/s.

In questa simulazione. il campo elettrico viene espresso in N/C e il campo magnetico in T (Tesla) e i valori riportati dai cursori di regolazione deve essere moltiplicato per un fattore di scala pari a 104. I valori di velocità ottenuti sono espressi in m/s e devono essere interpretati moltiplicando il risultato ottenuto per un fattore di scala pari a 106. La placca che determina il campo elettrico è lunga 120mm=0,12m. Il valore che determina il rapporto e/m è quella che si deduce anche dalla pagina della teoria.

assumendo per semplicità θ[rad]=tgθ.
Tale rapporto nel sistema internazionale è definito come e/m=1,7588·1011 C/kg.